L’essere umano vive gran parte della sua esistenza in uno stato di sonno, nel quale le sue decisioni sono spinte da ciò che ha accumulato, piuttosto che da ciò che riguarda le sue autentiche potenzialità.
Gli anni di vita spesso non corrispondono agli anni di vista.
Intendo che purtroppo ben tardi si rende conto di aver tralasciato gran parte delle sue grandezze, sostituendole con programmi condotti da altri, inconsapevoli anche loro, alle sue spalle.
Ed è così che nel momento in cui una persona si spinge oltre il suo vissuto, per sperimentare le sue grandezze latenti, viene invece risucchiata come una calamita di gran lunga più attraente, da tutto ciò che invece coincide con le bassezze di cui si è cibata fin poco prima.
Questo giustifica la presenza, nei secoli dei secoli, della figura del maestro, come lo fu Pitagora per i suoi allievi, lo fu Archimede e poi, in un modo diverso, Leonardo.
Maestro che giunge quando l’allievo è pronto, si dice, poiché l’allievo deve avere necessariamente l’attitudine di colui che è disposto a smentire ogni forma di passato che lo attrae.
Maestro necessario al vedere oltre l’inconscio e a scorgere il sabotaggio nelle mosse che fino a quel momento venivano considerate ingenue, ma invece pregne di catene genitoriali e dipendenze svalutanti.
Il Maestro sa distinguere l’eccellenza dall’ignoranza, è faro nei momenti di buio, è luce nei momenti in cui il buio, per l’allievo sembra luce.
Il Maestro sarà certamente pronto a farlo bruciare di collera, nelle volte in cui dovrà scegliere fra le sue abitudinarie bassezze e le sue embrioniche grandezze.
Perchè è un attimo tornare agli stessi errori, ripercorrere le stesse mediocrità.
La mente conscia mostrerà un cambiamento illusorio, che solo un ferreo addestramento può svelare come inconsistente.
Sarà l’allievo pronto a confrontarsi con la rabbia del suo inconscio?
Vedrà proiettare negli altri il suo “non sono all’altezza”, riuscirà a spostare la sua arroganza velenosa a vantaggio dell’umiltà interiore, arma potentissima nel percorso verso la grandezza?
Le persone non tendono verso la grandezza, alcune non ne conoscono nemmeno il termine.
Sono pochi quelli che hanno il coraggio di assaporarne la responsabilità.
Chi si spinge verso queste lande, dovrà incontrare necessariamente un periodo monastico, di rigoroso silenzio, fatto di saio e ciotola di riso, nel quale imparerà a potare con il pugnale ogni intrusione malsana del suo inconscio perdente.
Avrà a che fare con il suo Satàn, sfiderà il demonio nei 40 giorni nel deserto, laddove nessuno potrà sviluppare le giuste forze nei confronti del mediocre, se non lui.
Nessuno ne avrà pietà, chi lo farà, con comportamenti gentili e morbidi, nelle vesti nasconderà il tiranno, che con sé vuole portar via l’anima del cavaliere alla ricerca della sua grandezza.
Chi si appresta a questo cammino, dovrà vincere la solitudine, la paura del ricominciare, il baratro del fallire, poiché le incontrerà tutte, è certo.
Sarà il momento di scegliere di nuovo la spinta verso la grandezza, nel ricalibrarla a discapito della sconfitta.
Potrà contare sul sé che scorge dapprima in pochi istanti di passato, ma passo dopo passo in molti fatti del presente.
E poi avrà accanto il suo maestro, che saprà lasciarlo volare quando le sue ali saranno pronte e lo lascerà cadere quando la forza chiamerà al risveglio i suoi muscoli.
Questa è la via della grandezza.
Questa è la via degli allievi che diventano maestri.
Di grandezza.
Di vita.
Stefano Scialpi
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