Spesso nell’indagine psicologica ci si ferma al livello dei condizionamenti, causa di numerosi limiti che poniamo a noi stessi prima ancora di cominciare ad agire.
Condizionamenti che sono frutto di paure spesso altrui, assimilate come profonde verità, spesso indissolubili.
Condizionamenti cui le persone credono con convinzione e, spesso arroganza, fino a che non si arrendono all’evidenza dei fatti, che non corrispondono più alle volontà.
Ci sono anche condizionamenti che a noi paiono come positivi, ma che i risultati smontano comunque.
Ad esempio può esserlo il ritenere che in un team tutti debbano agire con responsabilità, e quindi conoscano i propri compiti ed i tempi giusti nei quali eseguirli.
Sulla carta tutto giusto.
Numerosi manager per i quali lavoro lo sanno: la teoria non corrisponde quasi mai al risultato.
Come mai?
Non si conosce la differenza fra condizionamenti e codici.
I codici abitano nell’inconscio e dicono sempre la verità.
Portano quindi la persona esattamente dove il codice ha descritto in sé.
Ad esempio, un manager voleva che i suoi collaboratori… Collaborassero e non si fermassero a chiacchierare ogni volta che lui si girava!
Teoria perfetta.
Pratica… contraria.
Cosa diceva il suo codice inconscio?
“La mia parola non vale niente”
Cosa ricreava, questo codice?
La scena in cui mamma e papà, da piccolo, per l’ennesima volta mancavano ad una promessa nei suoi confronti.
Il suo codice inconscio, quindi, ricreava costantemente la stessa dinamica, con la speranza che la storia cambiasse ed il bimbo potesse finalmente fidarsi di mamma e papà.
Il condizionamento, quindi, rispondeva a quel codice ed agiva in sua alleanza.
Cambiare il condizionamento, senza sostituire il codice, è un pò come togliere i petali ad un fiore che ha la radice ammalata.
Continuerà ad appassire comunque.
Stefano Scialpi