È comune pensare che la malattia sia frutto di un errore somatico, cioè derivante da un difetto fisico.
Per questo motivo la medicina tradizionale cura il sintomo, con la speranza di guarire la carcassa, il corpo.
La malattia, sin dai tempi di Ippocrate, colui al quale la medicina tutta si ispira, è causata dal disequilibrio nella relazione con sé stessi e con gli altri.
Risiede quindi nei codici inconsci della persona, che hanno prodotto una sequenza inequivocabile di eventi che hanno danneggiato silenziosamente giorno dopo giorno i pensieri, le emozioni, lo spirito e, da ultimo, il fisico, che ha manifestato lo stesso identico comportamento.
Verrebbe da chiedersi, allora, come mai anche i bambini si ammalano, dato che non hanno esperienza pregressa necessaria a manifestare quanto qui espresso.
I bambini sono la rappresentazione fisica di ciò che risiede nell’inconscio di genitori e sistema familiare nel quale vengono al mondo.
Ne sono la manifestazione ultima, la somma totale di tutti i vissuti.
L’esplosione perfetta di quanto è accaduto prima di loro.
La guarigione richiede una grossa determinazione da parte di chi porta con sé la malattia, soprattutto nella scelta di procedere con un addestramento ferreo alla scelta della vita, in ogni istante, in ogni comportamento, in ogni relazione.
Ma questo, comunque, non basta.
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È indispensabile che questo sia il cammino di ogni componente la sua famiglia, adulto e strettamente connesso con chi porta con sé porzioni di malattia.
È indispensabile guarire l’ecosistema famiglia, che inconsciamente ha generato la malattia.
Ripeto, inconsciamente, quindi non è ovviamente una scelta voluta, né volontaria, ma è la produzione dell’inconscio del gruppo di persone che, insieme, possono usare la malattia come percorso di crescita e guarigione interiore.
Questo processo deve servire a riconsegnare ogni componente alla sua vita, togliendo il peso che inconsciamente, di sé, poggia su chi manifesta la sua malattia.
È indispensabile creare il distacco amorevole dal ventre materno disfunzionale, recidendo con amore e fermezza decisa il cordone ombelicale legato ad un paterno in disequilibrio.
Bisogna partorire, di nuovo, questa vita, con nuove regole, consce ed inconsce, alle quali tutti sono firmatari consapevoli e motivati.
Se il gruppo famiglia si sposta, per tempo, verso la guarigione, che richiede un ferreo percorso di trasformazione interiore di ognuno, colui che porta con sé la malattia potrà vederla regredire.
Così come regredisce nelle emozioni, nei pensieri, nello spirito, nelle relazioni, nei comportamenti.
Il corpo è l’ultima conseguenza.
Per poter procedere in questa direzione è richiesto un ingrediente di cui il mondo è carente: l’amore.
Non si tratta dell’amore delle relazioni, il banale ti amo, non mi lasciare.
Si tratta dell’amore che va oltre il sé e mette al centro la vera cosa giusta da fare, per un bene superiore.
Purtroppo l’ho visto in pochissimi casi.
Per questo, la malattia, purtroppo, vince.
Mi auguro che queste parole arrivino a più persone possibili e che nel tempo si creino i presupposti per una nuova forma di guarigione, in affiancamento alla medicina tradizionale.
Stefano Scialpi