LA STANCHEZZA DATA DAL PROCESSO DI GUARIGIONE
Spesso i miei allievi vivono momenti di stanchezza, di fatica, di amplificazione della sofferenza.
Mi scrivono, allora, preoccupati dal timore di tornare indietro, di ritrovarsi di nuovo all'inizio.
In realtà questa fase è indispensabile al cambiamento.
È la stanchezza del pulcino che rompe il guscio dell'uovo, della farfalla che sorge dal bruco, del serpente che abbandona la vecchia muta.
Il sistema per intero fa di tutto per ribellarsi all'ultimo step del cambiamento perché nel suo star male aveva trovato un equilibrio affidabile, dato dal tempo e dalla sicurezza cui il malessere lo sotteneva.
Il corpo fisico quindi, che è l'ultimo a manifestare le ferite dell'anima, è anche l'ultimo ad adeguarsi ai cambiamenti interiori.
Questi momenti, quindi, che possono anche durare giorni, se non settimane, vanno vissuti con estrema fiducia, a tratti con fede nei confronti della destinazione che, certamente, si sta avvicinando.
È l'ultimo passo, che se fatto come descritto porta alla consacrazione.
Se invece il timore vince sul coraggio, le gesta possono condurre al disagio ed alla sconfitta con demerito, a conferma di quanto il pessimismo perpetrato fino a quel momento sia in grado di ingabbiare anche le menti più attente.
ATTENZIONE, perché c'è anche un altro tipo di stanchezza e colpisce coloro che si aggrappano al passato ed alla sofferenza, facendo prevalere il dubbio.
Questo stato meschino è tipico del perdente, di colui cioè che ha sempre una scusa pronta pur di non prendersi la vita che aspetta da una vita.
Appare contraddittorio, ma è invece profondamente coerente in chi fa del lamento la sua arma più forte per ottenere attenzione e falsa compassione.
Ad ogni modo, chi si dà da fare deve sempre ricordare che ad un passo in avanti ne corrispondono 4 indietro.
Abbi fede, la vittoria può essere dietro l'angolo.
A volte, girare l'angolo, richiede tempo, fiducia, fede.
Stefano Scialpi